Il tempio circolare. Nel 202 a.C. la città di Roma esce profondamente cambiata dalla seconda guerra punica. Se le vittorie con Cartagine l’avevano elevata al rango di potenza internazionale, il suo aspetto architettonico rimaneva tuttavia alquanto modesto. Il pericolo rappresentato da Annibale era cessato, ma nella città non c’erano risorse materiali per costruire nuovi edifici. Le persone che avevano combattuto, avevano la sensazione di aver giocato il ruolo di strumento militare per i potenti, senza avere tratto alcun beneficio dalla guerra e dalle carestie che essa aveva comportato. I contadini erano quelli che avevano più di tutti visto la loro situazione peggiorare a causa dell’abbandono dei campi causato dalla guerra.
Per mantenere l’equilibrio sociale in una città cosi impoverita, l’unica soluzione possibile era continuare per la strada dell’imperialismo militare. Roma guarda ai regni Ellenistici, le cui città erano considerate come inarrivabili per bellezza e per potenza. L’oriente faceva molta paura, almeno sulla carta, ma le vittorie su Pirro e su Cartagine degli anni passati avevano riscaldato gli animi dei più audaci.
Quando la Macedonia invase Atene, Roma inviò a Filippo un ultimatum dalle condizioni cosi dure, da essere recepite come inaccettabili, fu la guerra. Nel 197 nella battaglia di Cinoscefale la potente falange macedone, che nessuno per oltre duecento anni era mai riuscito a sconfiggere, dovette piegare di fronte al più agile schieramento delle legioni romane.
Contro Antiochio di Siria i romani fecero sbarcare un esercito in Tessaglia, il comando fu affidato a Gneo Domizio Enobarbo, che schierando abilmente le sue forze sterminò un esercito Siriaco, più numeroso, ma poco preparato al combattimento a corpo a corpo.
Le conquiste romane in oriente del II secolo a.C. danno a Roma consapevolezza della sua forza, e fanno affluire oro e schiavi a tal punto che nel 167 a.C. la popolazione fu esonerata dal pagamento delle tasse. L’architettura ellenistica si diffonde a Roma, e Roma si adorna di edifici nuovi, una serie infinita di porticati unifica i vari complessi monumentali della città, colonnati con capitelli di bronzo e tetti in lamina di metallo circondano le piazze, adornate in ogni angolo da una serie infinita di opere d’arte rapinate in Oriente. Nel foro le basiliche occupano il posto dei vecchi edifici esistenti. Nasce sul Tevere un complesso portuale fluviale, il più grande del Mediterraneo, con l’emporio, le banchine e i magazzini.
Alcuni storici e moralisti dell’epoca videro proprio in questo “nuovo” che avanzava, in questa cultura esotica e tutta proiettata verso il culto del sovrano, la fine dei più sobri costumi repubblicani. L’architettura tuttavia era in grado di esprimere canoni e valori che derivavano finanche dalla Grecia classica e a cui nessuno poteva essere insensibile. Dalla meta del II secolo a.C. nel periodo che segue la conquista di Corinto, comandanti militari e ricchi commercianti, traggono prestigio nell’ordinare edifici di lusso agli artisti greci, i quali nel frattempo accorrono sistematicamente in Italia: Roma era ormai la metropoli più grande del Mediterraneo. Un mercante di questo periodo ordina la costruzione di un tempio nel Foro Boario e chiama a progettarlo l’architetto greco Hermodoro di Salamina. In una Roma che era poco o per nulla abituata a vedere templi di marmo, fa alzare colonne di marmo greco e al suo interno fa posizionare l’Hercules Olivarius, una statua dello scultore greco Scopa Minore. Il tempio è straordinariamente conservato, e sebbene restaurato in epoca imperiale, ha ancora più della metà delle colonne originali.

Riferimenti bibliografici:
Guido Clemente. Guida alla storia Romana. Milano, 1977.
Giovanni Vitucci. Linee di storia romana. Roma, 2007.
Filippo Coarelli. Roma. Bari, 1980.
Piere Gros, Mario Torelli. Storia dell’urbanistica – Il mondo Romano. Bari, 2010.

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