LA TOMBA DEL CACCIATORE a Tarquinia. Siamo in età arcaica, all’incirca alla fine del VI secolo a.C., nel momento in cui la pittura etrusca è nel suo massimo splendore.

Questa è una tomba veramente importante, ma non per la sua bellezza, bensì per l’idea che essa propone. Viene chiamata tomba del cacciatore perchérappresenta l’interno di una tenda da caccia. Guerra e caccia erano considerate le due qualità dell’aristocratico etrusco.

Il signore che l’ha commissionata probabilmente quando era in vita andava a cacciare in campagna, dove usava farsi montare una tenda per riposarsi, per riporre i suoi oggetti e dove aveva le sue comodità.

Si nota che è una tenda perché sono dipinti i montanti che rappresentano il sostegno della struttura cui è appoggiato il velario, cioè il tendaggio che serviva a ripararsi dal sole: i motivi a scacchiera non sono casuali, ci ricordano, infatti, tessuti filati ottenuti al telaio quadrangolare o pezze di pelle.

Sul fascione decorato c’è tutta l’opulenza della natura che si esprime attraverso gli animali che corrono tutto intorno, quasi a circondare la tenda: sono animali sia fantastici sia reali, come tori, leoni, cervi, cani. Sotto la fascia di stoffa ricamata c’è poi tutta una serie di prede appese, come le pernici. Ci sono gli strumenti del mestiere, come corde, lacci, cappelli, e la borsa in cui il cacciatore metteva i suoi panini.

La cosa eccezionale e che fa di questa tomba un unicum, è l’utilizzo nella rappresentazione di un tessuto ricamato semi-trasparente, forse feltro, che scende sulle pareti. Il pittore con questo è riuscito a creare una prospettiva doppia, a rendere visibile l’interno ma anche l’esterno della tomba, che si intravede proprio al di la delle pareti ondulate, mosse dal vento. La natura selvaggia rappresentata, dove ci sono gli alberi e il cerbiatto che pascola l’erba, esiste realmente e vive ignara fuori. L’interno e l’esterno della tomba sono rappresentati allo stesso tempo.

La piccola tomba che vedevamo prima non c’è più, lo spazio è stato sfondato dalla maestria del pittore, annullato nella profondità che ora si apre davanti a noi fino ai campi elisi. Questa è la volontà del pittore di meravigliare e di illudere attraverso l’uso della linea e del colore. La consapevolezza di poter rendere trasparente la roccia. La pittura questa volta ha vinto la sua battaglia sull’architettura.

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