L’area occidentale del Foro Romano ai piedi del colle Capitolino è occupata da tre importanti edifici che si appoggiano alla mole del Tabularium: il Portico degli Dei Consenti, il Tempio di Vespasiano e il Tempio della Concordia. L’edificio centrale, ovvero il Tempio di Vespasiano, è stato riconosciuto grazie al frammento di iscrizione ancora presente sull’architrave: dove si può leggere solo la parte finale dell’iscrizione con la scritta [r]estituer(unt) vale a dire “restaurarono”. Il testo completo si conosce invece attraverso una trascrizione fatta nel IX secolo da un pellegrino, noto con il nome di “Anonimo di Einsiedeln”, che ci ha lasciato alcune note in ricordo di un suo viaggio a Roma. L’Anonimo di Einsiedeln trascrisse l’iscrizione quando essa era verosimilmente ancora integra e sull’architrave dell’edificio si poteva leggere: “DIVO VESPASIANO AUGUSTO SPQR IMPP CAESS SEVERVS ET ANTONINVS PII FELIC AVGG RESTITUER”.

Si tratta quindi del tempio dedicato dal Senato e dal Popolo Romano a Vespasiano divinizzato e in seguito restaurato da Settimio Severo e Caracalla. Alcune fonti tarde attribuiscono l’edificio anche al figlio Tito, ma il testo dell’iscrizione fa propendere per la sola attribuzione a Vespasiano.

Il tempio sorgeva in un’area piuttosto ristretta, compresa tra il clivus Capitolinus e il Tabularium, quindi per utilizzare al meglio il poco spazio a disposizione gli ultimi gradini della scalinata frontale furono inseriti all’interno del colonnato. L’edificio, lungo 33 m. e largo 22 m., aveva un’ampia cella preceduta da un pronao con sei colonne sulla fronte e due sui lati. Del muro della cella rimane solo una parte della parete di fondo, che poggia direttamente sulle sostruzioni del Tabularium. Al centro di questa parete è ancora visibile il basamento dell’edicola, che doveva in origine contenere la statua di culto dell’imperatore divinizzato (o dei due imperatori divinizzati Vespasiano e il figlio Tito).

Del colonnato si conservano ancora in situ solo le tre colonne corinzie dell’angolo nord-est del pronao, che presentano un’altezza di circa 15 metri compresa la base e il capitello. Queste sostengono ancora un frammento di architrave sul quale, oltre all’iscrizione già ricordata, è visibile un fregio decorato con strumenti sacrificali e bucrani. Il fregio si può osservare anche nella ricostruzione ottocentesca della trabeazione ancora oggi esposta nel Tabularium.

Trabeazione del Tempio di Vespasiano

Trabeazione del Tempio di Vespasiano

Tra gli strumenti sacrificali compaiono: il culter, il coltello usato nei sacrifici cruenti; la patera usata per versare o bere liquidi; l’urceus, una piccola brocca ad una sola ansa usata per contenere acqua o vino. Il soggetto del fregio non è una novità: simboli religiosi furono utilizzati per decorare diversi edifici sacri già a partire dall’età augustea, la trabeazione del Tempio di Apollo Sosiano ad esempio presenta un fregio con bucrani e ghirlande di olivo mentre l’Ara Pacis, nella parte interna del recinto, è ornata da corone appese a bucrani e da patere. La presenza però tra gli oggetti sacri raffigurati nel fregio del tempio di Vespasiano del galero apicato (o apex), il copricapo tipico del collegio sacerdotale dei Flamini, vuole probabilmente alludere all’istituzione di un collegio di sacerdoti addetti al culto dell’imperatore, avvenuta in occasione della sua divinizzazione (cioè nell’80 d.C.).

 

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