All’inizio del VI secolo a.C., i Greci della madrepatria e dell’Occidente, erano finalmente riusciti a concludere quel secolare e non unidirezionale processo di trasformazione dell’edificio templare da una struttura di legno a una struttura di pietra. Il tempio era così oramai formulato nella sua articolazione canonica, e al suo interno si erano definiti gli spazi dove avrebbe trovato il suo posto la decorazione. Questi spazi, universalmente noti, sono gli acroteri, il frontone e il fregio. In Magna Grecia l’ordine architettonico dorico è il più diffuso, ma mostra sovente un’ibridazione con l’ordine ionico, si parla proprio per questo di stile “dorico-acheo”. Uno dei primi esempi di fregio di questo tipo in pietra è dato dalle metope del Sele.

rel0049In figura è rappresentato il mito di Sisifo. Si tratta di un’elaborazione occidentale, poiché nella versione greca del mito non esiste un demone alato che tormenta il povero malcapitato. Guardando queste metope ci si chiede come mai proprio in questo luogo e proprio in questo momento, il fregio dorico, già al suo apparire si sia manifestato con un impegno decorativo cosi eccezionale.

Le metope del Sele sono state ritrovate all’interno di un santuario: l’Heraion del Sele, un grande complesso santuariale vicino la città greca di Poseidonia, la romana Paestum. La particolarità di questo complesso è quella che si tratta di un santuario extraurbano e di frontiera. Dall’altra parte del fiume, c’erano, infatti, gli Etruschi, cui probabilmente Poseidonia indirizzava il proprio messaggio di potenza.
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La scelta di questo luogo non era casuale ma dettata da motivi pratici, quali la praticabilità del fiume per le navi e la possibilità di un buon approdo, la natura rigogliosa, che ha sicuramente favorito la sua dedica a Hera, divinità protettrice dei territori rigogliosi, e della navigazione. Di questo santuario conosciamo bene le strutture più recenti, ma è indubbio che le metope arcaiche siano lì a testimoniare la presenza di una potente edificazione del luogo in età arcaica. Per quanto riguarda il thesauros, l’edificio numero 4, cui originariamente erano attribuite le metope, è ora sicuro che si tratti di un edificio più recente, costruito in età romana utilizzando materiale di recupero.

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In Italia soltanto il santuario di Selinunte, anch’esso non a caso sorto lungo una linea di frontiera con il territorio punico, può vantare un ciclo motopale cosi grandioso. Dal Sele provengono quaranta metope arcaiche, più altre trenta pezzi, di età classica e tardo classica. Proprio, come le metope di Selinunte, tali metope sembrano apparire in un momento cronologico nel quale questo tipo di decorazione era sconosciuto nella Grecia stessa. Questa evidenza però potrebbe essere data da una scarsa conoscenza dell’edilizia templare greca di questo periodo. Non si deve pensare altresì che questo ritrovamento costituisca un caso isolato o un unicum, infatti, metope fittili sono state ritrovate oltre che nella già citata Selinunte, anche a Naxos, a Gela, Imera, e molto probabilmente a Gioia Tauro e a Siracusa.

Le metope dell’Heraion del Sele sono scolpite, nella pietra arenaria, a volte da sole e a volte insieme a un triglifo. Si tratta di un fatto insolito, perché tradizionalmente noi troviamo sempre metope e triglifi scolpiti singolarmente. Uno però degli aspetti più particolari dell’intero ciclo di decorazione, è che queste metope ci sono giunte in vari stadi di lavorazione. Sembra come se venuto a mancare il tempo o le risorse necessarie per la costruzione dell’edificio, in fretta si siano dovute porre le metope e smontare le impalcature. Nel corso della storia degli studi questa è stata una questione non da poco conto, poiché il ritrovamento di metope non concluse ha generato proposte interpretative che hanno portato a sostenere l’ipotesi della presenza di diversi edifici, e ha reso difficile riconoscere delle scuole di lavorazione della pietra operanti nella città. I rilievi delle metope finite, come quelli delle metope sbozzate non emergono di molto rispetto al piano di fondo e questo ha fatto parlare gli studiosi circa una loro derivazione dalle metope dipinte su terracotta dipinta. Ma, proponiamo incuriositi noi, non potrebbe trattarsi di metope ultimate dove la linea di contorno era da sola, era sufficiente a rendere giustizia alla volumentria delle figure dipinte?
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Narrativamente i racconti sono da riferire all’età eroica. Non tutti i miti raffigurati sono facili da comprendere. Probabilmente questi miti fanno riferimento a dei modelli allora circolanti, e che si è pensato potevano ruotare intorno alla poesia Stesicoro, un poeta greco allora molto conosciuto in Occidente. Gli episodi del mito identificabili, rappresentano invece Eracle, eventi legati alla guerra di Troia, Vicende di Tizio e Sisifo. Ma è in particolare la presenza di Eracle a stupire, Eracle nel mondo panitalico era un Dio e per questo il santuario doveva lanciare un messaggio facilmente recepibile dagli italici, non esisterà per tutta l’età arcaica un fregio dedicato Ercole di questa magnificenza.

Osserveremo qui solamente qualche metopa. La metopa Odisseo sulla tartaruga è stata interpretata cosi dalla Zancani Montuoro. Per lo studioso Kerényi rappresenterebbe Teseo sulla tartaruga di Scirone, il mitico brigante Corinzio figlio di Pelope.  Metope with figure riding a tortoise, from Paestum, the Heraion at the mouth of the Sele River

L’impresa con il cinghiale Erimanto. Ercole torna dall’impresa del cinghiale e lo presenta d Oristeo, che si rannicchia spaventato nel Pitos. Anche questa versione non ha confronti nella Grecia propria.14

Achille in Agguato. Achille si macchia qui apparentemente d’infanticidio. Achille rappresenta un modello per gli Aristoi, allora perché uccide? Stando a Omero Achille fa un sacrificio umano e lo dedica ad Apollo. Ma dov’è Apollo? Apollo c’è ma non si vede, c’è la palmetta che lo rappresenta, l’albero cioè sotto al quale sarebbe venuto al mondo questa divinità.18

La particolarità delle metope che stiamo osservando è quella di presentare soggetti mitologici molto diversi, che in alcuni casi sembrano simili a quelli di Selinunte, ma sono impostati differentemente, con un criterio che fa si che a volte lo stesso tema mitico è rappresentato su più metope, quindi c’è un certo imbarazzo fra il fregio di ordine dorico in cui in ogni metopa c’è una scena conchlusa in se stessa, e quello ionico dove invece la decorazione si sviluppa come un continuum.

L’individuazione dei soggetti visti fino ad ora, scrive Maria Clara Conti «ha condizionato e influenzato l’esegesi di altre metope, non sufficientemente chiare se considerate isolatamente, ma riconoscibili con un certo grado di probabilità se collegate a quelle interpretate con sicurezza», è il caso ad esempio di questa metopa, ricondotta al ciclo di Eracle, e in particolare alla lotta con Anteo o con Menete.

Una serie importante di metope, ha i centauri come protagonisti. Si tratta probabilmente di una centauromachia, forse quella di Eracle al Pholoe.6

In estrema sintesi al Sele ci si trova di fronte a una serie di problemi che per il momento non sono stati ancora stati risolti.

  • Unitarietà del fregio.
  • Porre in collegamento le raffigurazioni con  versioni del mito di cui mancano riscontri.
  • Attribuzione delle metope a un unico edificio o a più edifici fra quelli presenti nel santuario.
  • Significati del fregio.

Siamo nell’età del cratere Francois, non a caso in cui ritroviamo lo stesso entusiasmo nel racconto del mito. 01000it03202102c-vi

Gli studiosi  Torelli e Masseria, sostengono che analogamente al cratere Francois, anche le rappresentazioni del fregio del Sele appaiono inserite in un’antologia mitica, piuttosto che presentare una sceneggiatura  univoca.
Le interpretazioni degli studiosi sono molto differenti fra loro, la Zancani non ha riconosciuto nel fregio un principio unificante, Il Napoli attribuisce le lastre del fregio a più monumenti. La Simon, ha proposto un’ipotesi ricostruttiva per i due lati del tempio. Sul lato orientale vedrebbe Hera con i Sileni e le avventure dell’eroe.  Sul lato occidentale Zeus, sposo della dea e impegnato a contrastare la superbia degli uomini.
Schmidt identifica un altro ciclo legato a Eracle, probabilmente successivo della discesa  di ercole negli inferi, e per questo collegato alle raffigurazioni dei centauri, alla gorgone e alla lotta tra Ercole e Menete.
Maria Clara Conti scrive: «Le immagini di contrapposizione e di lotta dominano l’intero fregio: gli eroi greci combattono contro Troia, colpevole per la cieca arroganza di Paride, Oreste probabilmente lotta contro l’usurpatore, Eracle si accanisce contro uomini, giganti, animali, e mostri, Apollo e Artemide colpiscono l’empio Tizio, per ottenere giustizia, equità, ordine.
La vittoria degli eroi greci nei quali la collettività si identificava, su altri esseri che hanno superato un limite, costituiva un monito e alludeva alla forza della Polis».

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